Linee guida minime per sottoporre casi al Cef

Brevi linee-guida per la presentazione di un caso da sottoporre a parere etico del Cef

Premessa:

In ogni contesto assistenziale, così come in molteplici ambiti formativi, gli operatori hanno esperienza di situazioni o discutono casi, emersi dalla pratica clinica, che li pongono di fronte ad uno o più problemi etici. Appare pertanto una buona opportunità usufruire di una risorsa a disposizione, qual è la consulenza etico-giuridica offerta dal Cef.
Per potersene avvalere, si può sottoporre per iscritto uno o più casi al Cef.

  • Che cos’è un problema etico relativo alla pratica clinica?

Si è di fronte ad un problema etico ogni volta che la competenza meramente “tecnica” – che è data dall’insieme di conoscenze scientifiche e di competenze professionali e organizzative acquisite dagli operatori nel corso della loro formazione – non è più sufficiente per individuare una linea d’azione o di intervento che sia da considerarsi approvabile e da praticare.

Pertanto, si è in presenza di un caso con criticità etiche ogni volta che una situazione mette gli operatori di fronte ad un problema di scelta, tra due o più soluzioni possibili (e spesso tra loro confliggenti). La scelta da operarsi tra diverse opzioni, per essere considerata approvabile, deve fare appello a principi, regole, valori etici, bioetici e giuridici. Ad esempio, anche alla luce della legge n. 219/2017, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, ha rilevanza etica comprendere chi sia il soggetto legittimato ad esprimere un valido consenso informato, anche nelle cure alla fine della vita. Pertanto, a chi spetta decidere?

Qualche altro esempio: un paziente adulto e capace vuole sospendere un trattamento salvavita. Deve essere accolta la sua richiesta? Il paziente vuole conoscere la prognosi, che purtroppo è infausta.

L’operatore può non informare un paziente, adulto e capace? Sono state redatte delle Disposizioni anticipate di trattamento (Dat): devono essere sempre rispettate le volontà precedentemente espresse dal paziente?

  • A chi è rivolto il supporto offerto dal Comitato?

A tutti i medici, infermieri, Os, Asa, fisioterapisti, psicologi, assistenti sociali che ravvisino problemi etici nella pratica clinica all’interno del loro contesto professionale.

  • Come può rivolgersi, chi fosse interessato, al Cef?

Ogni soggetto interessato potrà scrivere, in forma anonima, una breve descrizione della situazione clinica o di cura in cui si è trovato e segnalare le criticità o i problemi etici e bioetici in cui si è imbattuto (vedi infra).

  • Perché rivolgersi al Cef?

Il Comitato redige un parere motivato, a maggioranza o all’unanimità, e se necessario anche evidenziando le opinioni di minoranza (o dissenting opinions) per offrire una guida e opportuni argomenti a favore di una linea d’azione eticamente approvabile, da tenere nella pratica clinica in riferimento al caso o ai casi pervenuti. Il parere non potrà condizionare la gestione o l’esito del caso discusso, che sarà ormai confinato nel passato, ma potrà essere di esempio e di supporto per gestire al meglio casi simili, o altre situazioni eticamente problematiche, che si presenteranno in futuro.

La consulenza del Comitato per l’Etica di Fine vita è gratuita.

I casi possono essere spediti al seguente indirizzo mail: lorena.forni@unimib.it
Il Cef risponderà nel più breve tempo possibile.

Come scrivere un caso etico da sottoporre al Cef:

La presentazione per iscritto di un caso si articola in tre momenti differenti: la descrizione della situazione, l’evento critico che ha indotto a chiedere un parere etico e le domande specifiche, relative al caso, che si rivolgono al Cef.

Trovate, di seguito, una esemplificazione di un caso portato all’attenzione del Comitato per l’Etica di Fine vita.

1.    Operare un’attenta ricostruzione degli elementi di fatto, scrivendo in modo semplice gli eventi principali e le fasi salienti che caratterizzano il caso.

Esempio: Il caso di X

X ha 80 anni, ha frequentato la 5° elementare, è un ex operaio ora in pensione, ateo, ha una moglie ed un unico figlio maschio. Viene ricoverato in condizioni generali gravemente compromesse. È affetto da morbo di Alzheimer in fase terminale. È completamente allettato, presenta lesioni da decubito, non è contattabile, mantiene perennemente gli occhi chiusi, mostra debole risposta allo stimolo tattile e doloroso, emette saltuariamente suoni inarticolati, presenta abbondanti secrezioni alle alte vie respiratorie. Ha un sondino naso-gastrico per consentire nutrizione ed idratazione artificiale in quanto l’alimentazione e la nutrizione per os non erano più possibili a causa di grave disfagia. Proviene dal reparto di neurologia di un vicino ospedale, nel quale era stato ricoverato una decina di giorni prima a causa di polmonite. Proprio durante tale ricovero era stato posizionato il sondino. Dopo due giorni di ricovero, il personale infermieristico ed ausiliario nota che X mostra spesso espressioni contratte del viso, come ad esprimere sensazioni dolorose. Il medico effettua un primo colloquio con i familiari, durante il quale si evince che, in ospedale, a seguito dell’evolversi della malattia, ai familiari era stato comunicato che X era divenuto «incompetente», ma nulla era stato loro spiegato riguardo le problematiche legate ad una alimentazione ed idratazione tramite posizionamento di sondino in un paziente affetto da Alzheimer in fase terminale. Inoltre, i familiari riferiscono di averlo trovato «così, col sondino messo dalla sera alla mattina», senza aver ricevuto, in ospedale, ulteriori spiegazioni. Il medico palliativista, in pieno accordo con tutta l’équipe, sospende tutta la terapia in atto, in quanto non ritenuta più di alcuna utilità clinica, ed imposta terapia con pompa sottocutanea ad infusione continua con sedativi, oppioidi ed anticolinergici allo scopo di attenuare lo stato di agitazione, il dolore e le secrezioni. Si convocano i familiari per valutare se togliere il sondino, date le continue autorimozioni ed espressioni dolorose del paziente. I familiari, preso atto della terminalità del loro caro, accettano, consapevoli che questo non significa farlo morire «di fame e di sete». X muore due giorni dopo. La posologia dei farmaci nella pompa sottocutanea non ha più avuto bisogno di aumenti, né vi è mai stato bisogno di somministrazioni di farmaci “statim” per sedare segni clinici riferibili a sofferenza, agitazione o secrezioni.

2.    Individuare gli eventi critici che suscitano un problema (etico).

Evento critico: Questo caso viene presentato perché la decisione di sospendere la terapia di alimentazione e idratazione con sondino ha lasciato dubbi in alcuni componenti dell’équipe di cure palliative. Alcuni colleghi hanno infatti valutato non appropriata la rimozione del sondino, ritenendo che si sia accelerata la morte del paziente.

3.    Segnalare al comitato gli interrogativi sollevati dalle diverse strade percorribili.

Domande rivolte al Comitato:

È stata eticamente corretta la sospensione di nutrizione ed alimentazione artificiale a tale paziente? È stato eticamente corretto informare e rendere partecipi i familiari di tutto l’iter diagnostico-terapeutico del paziente?

Il medico di équipe avrebbe potuto procedere anche senza il parere favorevole dei familiari alla rimozione del sondino naso-gastrico? È eticamente corretto che, nei casi in cui il paziente non possa esprimere la propria volontà, non abbia lasciato traccia di volontà precedentemente espresse e non vi sia un suo legale rappresentante, sia il medico a prendere una decisione clinica, anche la più drastica? Alcuni componenti dell’équipe hanno obiettato che la sospensione di nutrizione ed alimentazione abbia accelerato il processo del morire e sia una forma di eutanasia. È davvero questo il caso?